Bellissima recensione dell’amico Donato Ruggiero sul suo blog. Grazie di cuore!!!
Lockdown: momento buio e altrettanto creativo per moltissimi artisti. E gli ifsounds non si sono certo tirati indietro in quei momenti di confusione e paura.
“La pandemia ha sconvolto le nostre vite, mettendo in discussione tutti gli aspetti delle nostre esistenze, anche i più banali. […] credo che quello sia stato il periodo globalmente più assurdo, alienante e distopico attraversato dalla nostra generazione. Per questo motivo abbiamo deciso di mettere in musica e parole le sensazioni e le paure di quei giorni, che hanno condizionato in maniera così drammatica le nostre azioni quotidiane e che hanno cambiato irreversibilmente il nostro mondo e noi stessi. E lo abbiamo fatto attraverso la musica corale, il genere che, per definizione, richiede il contatto più stretto tra le persone che avevamo ormai perso”.
Ed ecco allora MMXX. Dario Lastella (chitarre, voce, basso, synth), Runal (voce solista), Lino Mesina (batteria), Lino Giugliano (piano, organo, tastiere, synth), Italo Miscione (basso) e Ilaria Carlucci (voce solista e cori), con gli ospiti Claudio Lapenna (voce in MMXX e piano in Kandinsky’s Sky), Nadezhda Chalykh (voce in MMXX), Mariano Gramegna (voce in MMXX) e Giovanni Liberatore (voce in MMXX), confezionano un lavoro in cui c’è il prog e non c’è solo il prog. Giocando sulle variazioni di stati d’animo e di ambientazione, e facendo propria una “attitudine progressiva” che fa della fusione tra i generi la sua “missione”, gli ifsounds propongono un mirabile viaggio, articolato ed elegante al tempo stesso, che si snoda tra jazz, rock, sperimentazione, musica corale e che si muove senza patemi nel tempo, strizzando anche l’occhio al pop rock (di classe).
Punto forte, e più volte sottolineato dalla band in ambito di presentazione dell’album, è l’utilizzo della musica corale, una fusione vocale che tocca vette di intensità e drammaticità eccezionali. Avendo poi a disposizione una voce unica come quella di Runal, affiancata dalla piacevole sorpresa Ilaria Carlucci (con Dario Lastella e gli altri ospiti a dar man forte), tutto sembra essere più semplice senza esserlo affatto.
In partenza, gli ifsounds piazzano la mastodontica suite in nove parti MMXX: 24 minuti di puro godimento e passionalità. Le prime battute sono decisamente solenni, col canto corale gregoriano (ospiti inclusi) a sorreggere ottimamente la scena. Poi, dopo una virata alla Iron Butterfly carica di organo, Runal si lascia andare con un’intensità devastante. […] il male non si può spiegare […]. E quando le ritmiche prendono possesso del brano, si vola, con l’assolo heavy di Lastella che va ad incastrarsi perfettamente nel momento. A seguire ecco la celestiale voce di Ilaria Carlucci, ben sorretta da un gioco di cori un po’ Gentle Giant e un po’ ecclesiastici. Toccante quanto offerto poi vocalmente da Runal (con Ilaria che coadiuva alla grande: […] Dimmi perché, dimmi perché / nel silenzio tutto crolla intorno a me! […]). Emozione palpabile, anche nel nuovo soliloquio di chitarra. E tutto si carica ancora e ancora col trascorrere dei secondi: […] La libertà degli uomini non si discute neanche quando è in discussione. […]. E poi uno “stop” e si cade tra le spire della batteria e del synth, tutto decisamente seventies (ma anche con tocchi più attuali). Le ritmiche spingono parecchio e bene supportando notevoli “variazioni umorali” (piano e chitarra su tutti). Momento eccezionale. E improvvisamente tutto scompare dando vita ad un nuovo gran momento vocale, delicato e medievaleggiante, un po’ Hautville, che cresce gradualmente e si fa sinfonico, senza smarrire quel tocco solenne di fondo. […] Quando stai cadendo ripeti che / Non vincerà, non vincerà, / non vincerà il dolore senza libertà! […]. In seguito, dopo un attimo di “smarrimento”, Runal si prende nuovamente la scena con il suo timbro rovente e drammatico. Ed è poesia quanto segue. Morbido, commovente, avviluppante, l’ordito creato dagli ifsounds è semplicemente perfetto. Coda caldissima.
Aggressiva (su tonalità che richiamano il brano “40-14” di “Reset”) si apre The Collector: è una sorta di viaggio a due ritmiche/voce, con la chitarra che dona un tocco new wave (ma è tutto il complesso che ne ricorda un po’ le atmosfere). E dopo un deciso stacco di synth, i giri calano ed entra in scena un elemento melodico e rasserenante, un pizzico floydiano. Al solito la voce di Runal si adatta a tutto impreziosendo ogni momento. E il finale con gli interventi di Ilaria Carlucci si fa definitivamente emozionante.
Anche Stendhal Syndrome parte a passo deciso, un piglio rock con venature eighties che si sviluppa ottimamente con ottimi intrecci ritmiche/corde/tastiere e Runal sempre, ancora una volta, “sul pezzo”. A metà percorso, poi tutto si fa leggermente più evanescente, con un gran bel lavoro di synth che, in seguito, lascia spazio al solo di chitarra, prima del ritorno in campo di tutti gli effettivi.
I will try to find your eyes in a million eyes / I will try to find your smile hidden among the stars / I will try to hear your voice throughout the sweetest melodies / But I will never satisfy my need of you […]. Intensa e drammatica la partenza di Kandinsky’s Sky, giocata tutta sul calore vocale di Runal, il quale poi si addolcisce (e con lui l’atmosfera di fondo). Gran bel lavoro alle corde mediterranee di Lastella, prima che lo stesso si lasci andare in un solo incandescente. Una ballata da vivere ad occhi chiusi.
E se le primissime di MMXXII battute sono carezze sul volto, o quasi, ciò che segue sono ceffoni violenti, che poi si “sciolgono” in una bella andatura irregolare, con interventi “a tono” di chitarra e piano. È un flusso denso il brano di chiusura di MMXX, che cattura, in seguito, con la sua magia jazz. Puro divertimento, pura gioia è quanto segue, suoni articolati ma totalmente solari. Ma… C’è un ma… Ma tutto finisce in un paesaggio arido, ruvido che lentamente si “auto-ricostruisce” (aggrappandosi inizialmente alle dita di Giugliano) e torna ad essere luminoso e gioviale, con tanto di “certificazione” firmata dai vocalizzi da Ilaria.
In un’epoca fatta di velocità e rapida fruizione noi andiamo in direzione ostinata e contraria. La soglia di attenzione media è ormai limitata a pochi secondi, ma noi proponiamo una suite di 24 minuti. Forse ha ragione chi ci ha definiti arroganti e pretenziosi, ma noi siamo fortemente contrari all’arte usa e getta.
Tanto di cappello.
Gli ifsounds si confermano una garanzia e un patrimonio da preservare.
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